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Sotto le Luci della Sharia - Cap 5


di matteol77
07.10.2024    |    984    |    3 9.5
""Vedi Karim qui? Era come te, una volta..."
#Capitolo 5: Trono di Carne e Oro. L’Harem dell’Abisso


Hassad chiamò le guardie, schioccò le dita con un cenno d’intesa e in un istante le manette scattarono sui suoi polsi di Rick con un clic definitivo.

"Portatelo via," ordinò con un ghigno sadico sul volto.

Fuori, l'aria notturna era densa e appiccicosa. Un pulmino attendeva con il motore acceso. I fari che tagliavano l'oscurità. Rick fu spinto dentro senza tante cerimonie.

Il viaggio fu breve e silenzioso. Attraverso il finestrino sporco, le luci scorrevano via, forse per l'ultima volta.

Il pulmino si fermò con uno stridio di freni davanti a un edificio grigio e tetro. Rick sentì il cuore sprofondare nel petto mentre le guardie lo strattonavano fuori dal veicolo.

Il carcere si ergeva davanti a lui come una bestia di cemento pronta a inghiottirlo.

Appena varcata la soglia, il puzzo lo colpì come uno schiaffo: sudore, urina e qualcosa di indefinibile ma nauseabondo. Le luci fluorescenti sfarfallavano, gettando ombre inquietanti sui muri scrostati.

Il corridoio principale era un tunnel d'inferno.

Non appena Rick apparve, un boato si sollevò dalle celle. Decine di facce si pressarono contro le sbarre, occhi affamati che lo divoravano.

"Carne fresca!" urlò qualcuno in un inglese storpiato. Altri gridavano in arabo, persiano, urdu, un coro di lingue diverse unite nel desiderio animale.

Mani callose si protendevano dalle celle, cercando di afferrarlo. Rick sentì dita sfiorargli i capelli, la schiena, il sedere. Rabbrividì, sentendosi sporco, violato.

"Ehi biondina, vieni qui che ti faccio vedere io!" gridò un energumeno tatuato, leccandosi le labbra screpolate.

"Quanto per un pompino, principessa?" sghignazzò un altro, palpandosi oscenamente l'inguine.

Rick camminava a testa bassa, cercando di ignorare i commenti, le risate, i fischi. Ma era impossibile. Ogni passo era una tortura, ogni metro un'eternità.

Le guardie lo spingevano avanti, indifferenti al suo terrore. Anzi, sembravano quasi divertite dallo spettacolo.

Finalmente, dopo quella che sembrò un'eternità, arrivarono davanti a una cella. La porta si aprì con un cigolio sinistro.

Rick fu spinto dentro, inciampando su un tappeto persiano.

"Ecco la merce fresca," sghignazzò la guardia.

La vista dell’interno stordì Rick rivelando uno spettacolo surreale.

Una cella enorme, un'assurdità carceraria trasformata in un bazar di lusso decadente. Sembrava strappata da un palazzo delle Mille e una Notte, se quel palazzo fosse stato progettato da un sultano pazzo e depravato.

Tappeti persiani coprivano il pavimento, mentre arazzi di seta pendevano dalle pareti. L'aria era densa di profumi esotici, incenso, mirra e oud, che creavano una nebbia odorosa quasi soffocante. Cuscini ricamati e divani bassi erano sparsi ovunque, creando angoli intimi nell'immensità della stanza.

Ovunque lo sguardo cadesse, c'erano tesori scintillanti. Vasi di porcellana, lame di damasco, candelabri d'oro.

Al centro, su un trono dorato, troneggiava Ahmed, un colosso dalla pelle olivastra, con la mole di un Buddha decadente cresciuto a forze di vizi e crudeltà. Il suo corpo obeso straripava dalla sedia, avvolto in sete preziose e gioielli luccicanti. Sudore imperlava la sua fronte spaziosa.

Ai lati del trono, due torri di muscoli neri si ergevano immobili. I loro corpi scolpiti contrastavano crudelmente con la massa informe di Ahmed. Cicatrici solcavano i loro volti come mappe di violenza. I loro occhi, freddi e spietati, scandagliavano la stanza, promettendo dolore a chiunque osasse avvicinarsi.

Ahmed aprì la bocca. La sua voce, sorprendentemente melodiosa, riempì la stanza.

"Benvenuto nel mio umile regno, giovane amico. Io sono Ahmed, il vostro umile padrone." Allargò le braccia in un gesto teatrale, come per abbracciare l'intera sala.

Una guardia si avvicinò a Rick. Il metallo freddo delle manette morse la carne un'ultima volta prima di aprirsi con uno scatto secco. Libertà illusoria.

La guardia si chinò verso Ahmed, sussurrando parole che fecero brillare gli occhi del colosso. Il suo ghigno si allargò, rivelando una fila di denti d'oro che luccicavano come monete in un pozzo dei desideri corrotto.

Gli occhi di Ahmed non lasciarono mai Rick, scrutandolo come un macellaio valuta un pezzo di carne pregiata.

"Non essere timido," disse Ahmed, la lingua che saettava sulle labbra screpolate. "Presto comprenderai i piaceri del mio harem."

La parola "piaceri" scivolò dalla sua bocca come olio rancido. Rick sentì lo stomaco contorcersi, realizzando che in questo regno distorto, piacere e dolore erano due facce della stessa moneta sporca.

Intorno al trono di Ahmed, come satelliti attorno a un pianeta, orbitava un gruppo numeroso di giovani uomini seminudi, belli come modelli, di diverse nazionalità. Era il suo harem. I loro corpi scolpiti brillavano di oli profumati, adorni di catene d'oro che tintinnavano ad ogni movimento. Occhi bassi, mani intrecciate, erano statue viventi di bellezza e sottomissione.

Ahmed sollevò un dito ingioiellato. Il gesto, apparentemente pigro, portava il peso di un ordine incontestabile.

Un giovane dai riccioli corvini e il viso di un angelo caduto si mosse immediatamente. Si inginocchiò ai piedi di Ahmed, le mani che si muovevano con precisione per slacciare la veste ingombrante.

Contemporaneamente, altri due si avvicinarono. Uno iniziò a massaggiare le spalle possenti di Ahmed, l'altro si dedicò ai suoi piedi tozzi. I loro movimenti erano meccanici, privi di emozione, come automi ben oliati.

"Vedi come mi adorano?" disse Ahmed, la voce roca di piacere.

Uno dei giovani si avvicinò a lui, gli occhi vuoti.

"Vedi Karim qui? Era come te, una volta. Ora? Il mio gioiello preferito."

Ahmed afferrò il mento di Karim, forzandolo a guardare Rick.

"Digli quanto ti piace qui, dolcezza."

Karim parlò, la voce un sussurro rotto: "È... un paradiso."

Ahmed rise, un suono osceno. "Vedi? Tutti amano stare qui. Presto lo farai anche tu."

"Preparatelo. Stasera festeggiamo il nuovo arrivo", disse rivolgendosi a due servi.

Rick sentì il sangue gelarsi. La realtà della sua situazione lo colpì come un pugno: era intrappolato in un incubo fatto di carne e desiderio perverso, con nessuna via d'uscita in vista.

Continua...
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